07 dicembre 2015

Recensione La nostra ultima canzone di S.K.Fallas




Il più grande desiderio di Saylor è ammalarsi, solo così, pensa, chi le è accanto la noterà e le vorrà bene. Ha la Sindrome di Munchhausen, infatti, e ogni scusa per lei è buona per entrare in contatto con germi e malattie. Così, quando il suo psichiatra le consiglia di andare a fare volontariato per i gruppi di auto-aiuto, accetta con grande entusiasmo: per ammalarsi non c'è niente di meglio che passare del tempo in ospedale. Lì Saylor conosce un gruppo di ragazzi, malati terminali, e inizia a frequentarli. Tutto si basa su un equivoco: loro pensano che anche Saylor sia molto malata, ma lei non ha alcuna intenzione di fargli cambiare idea, perché per la prima volta si sente a suo agio con dei ragazzi della sua età. Tra di loro c'è Drew, un ragazzo bellissimo, un musicista, di cui a poco a poco Saylor si innamora. A separarli c'è quella tremenda bugia, perché Saylor non ha davvero la sclerosi multipla, ma a unirli c'è una forza potentissima, che li spinge a credere di conoscersi da sempre.





Ciao a tutti, eccomi qui per un altra recensione.
Questa volta si tratta del romanzo “La nostra ultima canzone”, che non narra la solita storia d'amore tra un ragazzo e una ragazza, ma un qualcosa in più.
Mi sono ritrovata a pensare alle pagine che leggevo mentre lavoravo, camminando e mentre facevo altro, perché questo romanzo fa riflettere.
Saylor è una ragazza di 18 anni con la sindrome di Munchhausen, un disturbo in cui lei prova piacere nella malattia, perché solo in tali circostanze si sente amata, curata e per questo motivo fa di tutto per ammalarsi.

Non vuole uccidersi, ma solo essere malata. Per le persone affette da questo disturbo lo scopo è quello di ricevere attenzioni, essere accudite come solo un malato può esserlo. La prima volta  Saylor ci prova a 7 anni, quando ingoia un ago. Da lì inizia tutto...




Non si lega a nessuno, non ha amici, ma ciò che cerca è l'affetto dei suoi genitori. La madre con lei è molto fredda e apatica. Costruisce case per le bambole, ma quando Saylor le parla, lei la ascolta a malapena oppure le risponde in modo freddo. Solo quando Saylor è ammalata le mostra un po' più d'interesse. Il padre è un noto avvocato, spesso via per lavoro, ma anche lui appare poco interessato alla figlia e anche alla moglie, da quanto si intuisce.
Saylor viene fatta visitare da vari “strizzacervelli”, come li chiama lei, finché l'ultimo le consiglia di fare volontariato in ospedale. Lì verrà in contatto con un gruppo di ragazzi malati terminali.
Tra questi conosce Andrew Dean, malato di Atassia di Friedreich, il quale si muove con un bastone che lo aiuta a camminare, ma è destinato a perdere a breve l'uso delle mani e della voce.
Zee, che diventerà sua amica, ha un cancro al seno già progredito verso altre zone del corpo e Pierce è un omosessuale malato di AIDS...





Andrew insegnerà a Saylor che cos'è l'amore cantandole canzoni romantiche da lui stesso scritte apposta per lei. Tra loro nascerà piano piano un tenero sentimento ricco di emozioni, a volte belle a volte tristi. Lei imparerà a fidarsi delle persone e in quell'ambiente così particolare si sentirà come a casa, protetta.
Conoscerà anche più a fondo la madre, grazie ai suoi nuovi amici e anche al suo psicologo, dal quale capirà la natura dei comportamenti freddi che ha con lei. Quando capirà che la madre è  alcolizzata si arrabbierà, ma poi parleranno e si aiuteranno a vicenda...
Diciamo che non è stata una lettura facile e spensierata, perché ho sofferto con i personaggi e ho anche pianto...





Si tratta di un romanzo che affronta la malattia in maniera vera e cruda, ma del resto non esiste un modo dolce per descrivere certe patologie.
Saylor all'inizio mi stupiva per i suoi eccessi, il modo di affrontare la vita, ma poi l'ho capita, non scusata, ma l'ho capita. Compie un percorso di crescita non indifferente, non solo a livello personale ma anche sentimentale.
Alla fine un po' le cose si aggiustano, perché l'epilogo non è cosi scontato come si può pensare, però, al posto dell'autrice, qualche pagina in più io l'avrei scritta, perché il finale mi appare quasi troncato.
In conclusione, ve ne consiglio la lettura. Non resterete delusi, ma preparatevi una scorta di fazzoletti.
Buona lettura 





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