22 marzo 2016

Recensione: L'attesa di Samantha Hayes



Claudia ha tutto ciò che ha sempre sognato. Vive in una graziosa villetta poco fuori Birmingham, al suo fianco ha un uomo premuroso e, finalmente, è in dolce attesa di una bambina a lungo desiderata. Sarebbe tutto perfetto, se James non fosse costretto a partire per un lungo viaggio di lavoro all'estero. Sebbene sia una donna forte e indipendente, Claudia non se la sente di affrontare da sola gli ultimi giorni della gravidanza e decide quindi di assumere una tata. E le basta un attimo per convincersi che Zoe Harper è la persona giusta: una professionista efficiente, esperta, discreta. Ma, nel giro di qualche tempo, Claudia comincia a ricredersi e viene assalita dai dubbi. C'è qualcosa che non va in quella ragazza, qualcosa che la mette estremamente a disagio. Perché, quando crede di non essere vista, Zoe si trattiene nello studio di James? E perché una volta Claudia l'ha sorpresa mentre rovistava nei cassetti della camera da letto? Inoltre, proprio dal giorno in cui Zoe è entrata nella sua vita, quel tranquillo quartiere residenziale è diventato lo scenario di una catena di brutali omicidi: possibile sia una coincidenza? Con la polizia che non crede ai suoi sospetti, Claudia può contare solo su se stessa. E ha paura. Ma l'origine di quella paura è il suo segreto. Un segreto che nessuno deve portare alla luce...





Sono sempre stata un'amante dei thriller, mi affascinano il mistero e la suspence, sentire i brividi lungo la schiena durante le scene “clou”, divorare le pagine compulsivamente e non trovare pace finchè non si legge la parola “fine.”
La storia si apre con un prologo piuttosto angosciante, narrato in prima persona da una bimba vittima di una famiglia disfunzionale e di una madre senza dubbio poco equilibrata.
Il tema fondamentale ruota attorno alle donne e alla maternità, un desiderio, una certezza,
un'ossessione e una psicosi.
La prima donna che incontriamo è Claudia moglie di un ufficiale di marina, in avanzato stato di gravidanza, con due gemelli “ereditati” dalla moglie di primo letto di James, rimasto vedovo quando i bimbi avevano solo pochi mesi di vita. Non è facile per lei barcamenarsi con la bambina in arrivo, un compagno assente e due pargoli scatenati ed impegnativi. Decide di assumere, con notevole patema d'animo, una tata: Zoe.
Zoe ha tutto ciò che una famiglia possa desiderare in una bambinaia, talmente perfetta da sembrare fasulla. Non nascondo che mentre leggevo, ho pensato a quel famoso film “La mano sulla culla”, molte analogie e lo stesso senso di angoscia per la famiglia che ospita la bambinaia/psicotica di turno.
L'arrivo di Zoe porta anche una serie di efferati omicidi, a danno di due future partorienti, i cui neonati vengono trovati brutalmente uccisi in una sorta di “parto in casa da incubo.”
Ed è qua che entra in scena Lorraine, agente della squadra omicidi che fa coppia fissa sia nel lavoro, sia nella vita con Adam. Se il sodalizio lavorativo porta i suoi buoni frutti, quello matrimoniale e familiare genera solo rogne e tante incomprensioni, che complicano la storia distraendo,a mio parere, il lettore.


Ovviamente, da buona appassionata di thriller in odore di Jessica Fletcher in pigiamone felpato e copertina in pile, credo di aver già risolto il mistero e sbuffo all'idea della trama scontata, cristonando l'autrice e gli editori tutti. In effetti, quando giungerò alla fine non cambierò poi molto la mia idea, nonostante sia stata gabbata dall'assurdità di alcune licenze letterarie dell'autrice.
Lo stile narrativo è particolare, Claudia e Zoe in prima persona, Lorraine in terza, quasi a prendere la distanza dalla donna matura, madre in difficoltà con un matrimonio alla deriva; forse la visione più lucida e distaccata della storia.
Una razionalità che al contrario manca alle due giovani donne piuttosto borderline, sempre a guardare in basso verso il precipizio della follia, l'ossessione di voler essere madre, come accade a Claudia, o di voler soddisfare più un desiderio altrui, come nel caso di Zoe che si lascia trascinare più per amore che per inclinazione alla maternità.
La storia tratta di donne, di madri, del difficile connubio fra ciò che si desidera con troppa e ostinata forza e dalla realtà a cui la vita spesso ci sottopone, una prova che non sempre siamo in grado di superare con la freddezza ed il distacco che vorremmo.
Mi riferisco a Lorraine, divisa in due da un pessimo rapporto con la figlia adolescente e volubile, un matrimonio inesistente; penso a Claudia, sfuggente, combattuta tra il forte desiderio di un figlio e un marito on/off, che le scarica l'incombenza di due gemelli che lei non considera dei figli, ma un danno collaterale. Ed infine Zoe, ambigua, spinta dall'amore e dal senso del dovere.
Chi di loro è la bimba del prologo?
La risposta la troverete nelle ultime pagine che, mi rincresce dirlo, smorzano notevolmente il tono del romanzo, donando alla fine quel retrogusto di stantìo a cui io attribuisco le trame un pochino scontate.
Il thriller per antonomasia, deve sorprenderti, lasciarti a bocca aperta convincerti che: -“Ci sono, ho capito!” - e poi: “Mannaggia la miseria, disgraziato di uno scrittore, mi hai fregata!” - in questo caso, no, l'epilogo lascia interdetti e seccati, per via del piattume.
Una menzione speciale alla battuta finale, che recupera quella verve introduttiva che mi ha spinta a leggere il romanzo tutto in una notte, con in omaggio due occhiaie da serial killer, che contiene quel seme della follia con un pizzico di sense of humor tipico dello psicotico.

Giudizio: tre cupcakes ed un caffè per tenermi sveglia!




Nessun commento:

Posta un commento