Dungatar è una cittadina di provincia come tante altre, tranne che per un dettaglio: le donne di Dungatar si vestono come modelle di Parigi. Un giorno in città arriva la bella ed esotica Tilly, ritornata a casa dall'Europa per assistere la madre malata. Da vent'anni Tilly se n'è andata e sulla sua repentina partenza è calato un velo di disapprovazione e silenzio.
Ora ha fatto ritorno, guardata con malizia e sospetto dagli abitanti molto perbene che vedono nella sua eccentricità estrosa una minaccia.
Ma Tilly possiede un talento: è una stilista sorprendente. Con cautela nelle case iniziano a circolare voci sui meravigliosi abiti che confeziona e tra gli ammiratori c'è perfino il capo della polizia, lui stesso sarto provetto.
Tilly inizia così a guadagnarsi vestito dopo vestito la fiducia della città e tutto sembra mettersi al meglio. Ma dal passato un segreto è pronto a riaffiorare, e proprio quando Tilly si innamora le cose cominciano ad andare terribilmente male…
“Sono tornata, bastardi!” La frase, sibilata da una conturbante Kate Winslet in guanti bianchi, sigaretta fumante e sguardo assassino nella prima scena di “The dressmaker”, mi ha spinta a leggere l’omonimo romanzo da cui il film è tratto.
Peccato che, inebriatadalla versione cinematografica tutta paesaggi assolati e atmosfere rurali nell’Australia degli anni Cinquanta e dal contrasto con gli abiti di alta moda indossati dalle attrici, mi sia subito resa conto che il libro, privo del sontuoso apparato di immagini cinematografiche e della presenza di un bisteccone da cardiopalma come Liam Hemsworth, è soltanto un pallido riflesso di ciò che scorre sul grande schermo.
Myrtle Dunnage, detta Tilly, è una ragazza introversa e segnata dalla condizione di figlia illegittima. Costretta ad allontanarsi da bambina da Dungatar, un piccolo villaggio agricolo del sud est australiano, perché accusata di aver provocato la morte di un compagno di scuola, torna a casa dopo anni trascorsi a Parigi per prendersi cura della madre malata. Ma i concittadini, gretti e provinciali, non l’hanno mai perdonata. Sfruttano il suo eccezionale talento da sarta, ma non smettono di criticare il suo passato e le sue scelte di vita. Né la benevolenza del sergente Farrat, né l’amore del bel giocatore di football Teddy MacSwineyla riscatteranno, fino a quando una fatale catena di eventi porterà Tilly ad attuare una sorprendente e crudele vendetta nei confronti dei suoi detrattori.
In una scrittura scarna e graffiante è narrata una vicenda appassionante e sviluppata in modo originale. Insieme a Tilly, è tutto il villaggio di Dungatar a essere analizzato dall'occhio disincantato di Rosalie Ham.
La scrittrice, un’australiana nata e vissuta in campagna, ha realizzato un affresco credibile di una piccola comunità in cui privilegi e oneri sono distribuiti tra gli abitanti secondo un metro sociale che nessuno osa mettere in discussione. Ci sono i possidenti, una sorta di malvagia aristocrazia che imita (male) usi e costumi dell’ex madrepatria inglese, la classe media dei negozianti, utili per i loro servizi eppure snobbati dell'élite locale, e i nullatenenti che abitano nella discarica, i nudi e puri senza casa, ma dal cuore d’oro. Nulla di nuovo all'orizzonte, con una sarta Cenerentola dalla vicenda personale poco credibile (assistente di Madame Vionnet e Balenciaga? Sì come no…), che sembra messa lì per scardinare equilibri secolari. Eppure la figura di Tilly e gli abiti che crea, descritti con dovizia di particolari, sono la trovata geniale che dà unicità all'intera vicenda. Alcuni personaggi si imprimono nella mente del lettore per l’accuratezza con cui sono descritti e la dolente umanità che li caratterizza. Indimenticabili il sergente Farrat, obbligato a nascondere la passione per il cucito e i travestimenti femminili, il caustico ritratto della pettegola del paese, Beula Harridene, che non disdegna di spingersi sotto le finestre della casa di Tilly pur di carpirne i segreti e l’arrampicatrice sociale Gertrude che riesce a impalmare il riluttante William grazie alle creazioni di Tilly.
Meno riuscite le caratterizzazioni della protagonista, personaggio piuttosto scialbo e della cui interiorità non trapela nulla, quella della pazza Molly, la madre demente che a un certo punto recupera il senno in modo inspiegabile, e quella del poverissimo e piacente Teddy, vittima di una scelta a dir poco agghiacciante.
Non ho apprezzato le immagini forti e quasi ripugnanti che caratterizzano le pratiche sessuali e i comportamenti privati dei nemici di Tilly e che appesantiscono una narrazione altrimenti scorrevole e ironica. Altre volte ho avuto l’impressione che all'autrice piaccia spiazzare il lettore con svolte inattese della vicenda tramite l’esasperazione dei fatti e delle reazioni dei personaggi e se questo è perdonabile in un film cucito addosso alla mirabile interpretazione di Kate Winslet e che si avvale di un Teddy con il volto e il corpo (…!) di Hemsworth, nel romanzo si rischia di percepire la mancanza di spiegazione di molti comportamenti come giganteschi buchi nella narrazione.
Un romanzo non del tutto riuscito, dunque, apprezzabile per lo sforzo descrittivo e lo stile fresco dell’autrice, ma pasticciato nella risoluzione della storia d’amore di Tilly e Teddy e quasi troncato di netto nel finale. Un’ultima raccomandazione: guardare il film prima di leggere il libro aiuterà a non confondere nomi e caratteristiche dei numerosi abitanti di Dungatar.
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