10 maggio 2017

Cercando Grace Kelly di Michael Callahan, Recensione


È l'estate del 1955 e tre ragazze arrivano a New York da tre angoli diversi d'America per seguire le proprie aspirazioni. Laura si prepara al suo nuovo lavoro nella redazione della rivista Mademoiselle, sapendo che se la moda si può comprare, lo stile invece no; Dolly arriva dalla provincia e ha lasciato la famiglia bigotta per diventare qualcosa di più che una moglie, anche se non sa ancora cosa; e Vivian, dai capelli rosso fuoco, per ora si mantiene vendendo sigari in un locale, e intanto insegue il sogno di cantare a Broadway. E per una ragazza di provincia decisa a cambiare la propria vita nella città che non dorme mai, c'è un solo posto dove stare: il famoso Barbizon Hotel, alloggio per sole ragazze dove sono cominciate le storie di tante altre come loro, che ora tutto il mondo conosce. Una per tutte, Grace Kelly - chissà, magari le ragazze la incontreranno durante quest'estate di sogni folli, nuove amicizie, nuovi amori... O forse no. Quel che è certo è che a New York troveranno molto, molto altro.
Con le stesse atmosfere di intramontabili classici newyorchesi come Colazione da Tiffany, con una perfetta ricostruzione storica degli anni Cinquanta, una romanticissima storia con tre irresistibili protagoniste, che vi ricorderanno come il sapore dei sogni sia quello più dolce di tutti.



Avete mai visto “Come sposare un milionario”, il film del 1953 in cui tre indossatrici sono alla ricerca del buon partito a New York e una miope e goffa Marilyn Monroe finisce per accasarsi con un tizio occhialuto nei guai con il fisco?
Sospetto che l’abbia visto anche Michael Callahan, che nel romanzo d’esordio “Cercando Grace Kelly” mette in scena le avventure di tre ragazze nella Grande Mela degli anni Cinquanta. Tutte alloggiano al “Barbizon Hotel for Women”, una residenza per sole donne costruita nel 1926 a Manhattan sulla 63esima nell’Upper East Side e nelle cui stanze sono vissute dive come Joan Crawford, Liza Minnelli e l’indimenticabile Grace, menzionata nel titolo.
Sulle orme dell’attrice,fresca vincitrice dell’Oscarper “La ragazza di campagna” e non ancora principessa di Monaco, Laura Dixon arriva dal Connecticut a New York per lavorare come redattrice temporanea della rivista di moda “Mademoiselle”. Laura è giovane, ricca e sogna una realtà diversa da quella provinciale e soffocante che la famiglia e la severa madre, detta Marmy (probabilmente un gioco di parole tra mammy: mamma esmarmy: ipocrita) vorrebbero imporle. Giunta al Barbizon, stringe amicizia con Dolly Hickey, una giovane dattilografa di Utica che colleziona delusioni d’amore e chili di troppo e con la femme fatale Vivian Windsor, un’inglese sbarcata oltreoceano con il sognonel cassetto dicantare a Broadway. Tutte troveranno a New York una ragione per restare, ma le loro aspettative saranno presto sconvolte, mentre il destino riserverà a una di loro un’amara sorpresa.

La tecnica narrativa di Michael Callahan è da manuale: non è facile scrivere un romanzo a tre voci impedendo che un lettore salti pagine e pagine per seguire l’eroina preferita e arrivare alla conclusionedelle sue vicende. Confesso che a me è capitato qualche volta di averne la tentazione, soprattutto all’inizio, quando l’incipit della presunta commedia che credevo di avere tra le mani mi ha colpito per l’inaspettata tragicità. Ecco perché voglio sottolineare che non è un testo dai toni leggeri, ma drammatici, sebbene stemperati dalla frivolezza delle descrizioni di locali alla moda, abiti eleganti e rituali sociali, come quello del tè consumato nella discrezione delle sale comuni del Barbizon. L’autore è bravissimo nel seminare un indizio qui e uno lì, dipanando i fili di un racconto scritto in terza persona in uno stile accattivante, in cui le vite delle protagoniste scorrono parallele al principio, s’intrecciano a metà e si fondono nella parte finale. La sua abilità deriva probabilmente dall’esperienza come redattore della rivistaVanity Fair, per la quale nel 2010 ha pubblicato un articolo di approfondimento sullo stesso Barbizon, trasformato al giorno d’oggi in condominio di lusso per la Manhattan che conta con il nome di Barbizon 63 e che, per sua stessa ammissione, gli ha dato l’ispirazione per il romanzo. Aggiungerei che anche la serie televisiva “Mad Men” e le sue elegantiatmosfere che a tratti scivolano nel noir hanno contribuitoa ispirarlo nella vibrante ricostruzione della New York narrata e forse anche “Lucia Lucia”, il romanzo best seller di Adriana Trigiani, inspiegabilmente mai tradotto in Italia, su un’italoamericana assunta come stilista in un grande magazzino newyorkese degli anni Cinquanta.Alla fine la Grande Mela di sessanta anni fa descritta daCallahan ci sta tutta edè perfetta come principale attrattiva e quarta protagonista della storia, con i taxi gialli e le vetrine scintillanti sulla Quinta Strada, le colazioni servite nei bar alla moda dai camerieri in guanti bianchi, i mazzi di rose offerti all’inizio del corteggiamento, la costante ricerca femminile della perfezione.
Sfondo dell’intera vicenda è la pressione sociale a cui sono sottoposte le donne in una società maschilista, che nasconde dietro l’ostinata difesa delle consuetudini del passato la paura di una rivoluzione dei costumi sessualiattuata soltanto alla fine degli anni Sessanta. Le tre ragazze hanno poco in comune, se non la voglia di scoprire se stesse e di incontrare l’uomo che trasformerà le loro vite sottraendole alla temutissima prospettiva di rimanere zitelle.Laura è il personaggio più riuscito, una Grace Kelly bruna che sente bruciare sotto la cenere delle convenzioni l’aspirazione di diventare scrittrice. Incontra l’uomo perfetto, l’affascinante Box, erede dei grandi magazzini Barnes& Foster, ma è attratta dall’intellettuale barista Pete, che la porta ad Atlantic City e le dà una magistrale lezione di scrittura che qualsiasi aspirante narratore troverebbe utile e che da sola vale la lettura del libro.
Dolly suscita simpatia per le sue frequenti abbuffate nervose, abitudine condivisa da Callahan come lui stesso ha candidamente dichiarato in un’intervista, e l’incapacità di tenersi un fidanzato, fino a quando incontra lo sfuggente Jack che non nasconde una moglie, come lei sospetta, ma un segreto altrettanto terribile. Meno memorabile è la caratterizzazione di Vivian, la rossa tutta fuoco che nasconde le sue fragilità dietro una chioma ondulata alla Veronica Lake e l’umorismo caustico, un personaggio in bilico tra la spregiudicatezza di una Bond girl e la bontà di Pollicina e che risulta nevrotica e quasi borderline nella decisione di fuggire ad ogni costo dal poco raccomandabile Nicola Accardi. La sua vicenda, che apre e chiude il romanzo, lo trasforma in una ring composition, ma, a mio parere, la struttura circolare degli eventi più che interessare il lettore, compromette la suspense della narrazione.
Perché, dunque, leggerlo? Prima di tutto perché è piacevole tuffarsi nel glamour della New York di Diana Vreeland e Truman Capote, con la certezza che, poichéEndemol ha acquistato i diritti per trasporre la storia sul grande schermo, è un’opera di cui prima o poi si riparlerà.
Un’ultima raccomandazione: quando siete arrivati all’ultima pagina e avete sognato, gioito e pianto con le protagoniste, correte a guardare una puntata di “Sex and the city” e brindate alle conquiste che le donne hanno fatto negli ultimi decenni sulla via della libertà e dell’emancipazione.



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