11 ottobre 2017

La ragazza del dipinto di Ellen Umansky, Recensione


Vienna, 1939. Mentre lo spettro della guerra terrorizza l’Europa, i genitori di Rose Zimmer cercano disperatamente un modo per lasciare l’Austria. Non riuscendoci, decidono di salvare almeno la loro giovane figlia. Rose viene così affidata a degli sconosciuti e portata in Inghilterra. Sei anni più tardi, quando la guerra è finalmente terminata, Rose tenta di ricostruire la propria vita devastata: si mette quindi alla ricerca di un quadro di Soutine, appartenuto alla madre, e al quale la donna era legatissima. Dopo essersi trasferita a Los Angeles e aver trascorso lì la propria vita, Rose si imbatterà nuovamente nelle tracce di quel dipinto, diventato per lei quasi un’ossessione, e in Lizzie Goldstein, che ne è entrata in possesso dopo di lei. Tra Lizzie e Rose nasce un’amicizia inaspettata, destinata però a interrompersi bruscamente quando le due donne si troveranno di fronte a una verità dolorosa: un segreto che ha a che fare con il quadro di Soutine e che è rimasto nascosto per tanti anni… Una prosa cristallina per una storia che parla di nostalgia, dolore, perdita e perdono.





Ben ritrovati amici dreamers con le nostre recensioni. È il turno di un romanzo che è un interessante viaggio nel tempo. “La ragazza del dipinto” di Ellen Umansky edito da Newton Compton Editori.
Di solito inizio con il presentare la trama ma questa volta voglio partire con le mie impressioni, sensazioni che non sono altro che un riflesso della storia come io la vedo, ovvio.
È un romanzo che trascina il lettore tra due mondi, un passato e l’altro attuale. Il filo conduttore? Un dipinto che viaggia dal lontano 1936 ad oggi.  Il titolo del libro sembra un tantino forviante perché il dipinto ritrae un giovane, poco avvenente con indosso un’uniforme rossa da fattorino. Infatti, il quadro si chiama “Il Fattorino” (1925) di ChaimSoutine, artista impressionista (1893-1943).


Magari il titolo si rifà alla storia in sé, alla ragazza che per anni lo cerca dopo che era stato rubato alla sua famiglia. Rose Zimmer, austriaca di origini ebraiche, nata in una famiglia facoltosa, all’età di dodici anni sola e spaurita si ritrova in viaggio verso l’Inghilterra, per scampare alle persecuzioni naziste, che in quegli anni facevano scempio di uomini, donne e bambini non appartenenti alla razza ariana. Il dipinto del Fattorino dunque, apparteneva alla sua famiglia, anzi a sua madre che lo amava in modo viscerale. La ragazzina farà di tutto per rientrarne in possesso, è l’unica cosa che le sia rimasta dopo la morte dell’amata mamma. E ci vorranno degli anni, lunghi anni, fino ad arrivare nella Los Angels dei giorni nostri, dove il dipinto finisce nelle mani di un collezionista, fino a quando non sarà nuovamente rubato. Quando il collezionista Joseph Goldsteinmuore in un incidente stradale, la figlia Lizzie, avvocato trentasettenne con parecchi problemi nell’avere una relazione stabile, sente vacillare tutte le sue pochissime sicurezze, adorava suo padre e non riesce a farsene una ragione che lui non ci sia più.


Lizzie si prende carico di appianare le difficoltà economiche e non, lasciate in sospeso dal genitore.  Ed è qui, durante i funerali di Joseph che Lizzie incontra Rose, ora donna anziana, la prima proprietaria del dipinto. Tra le due scatta subito quella scintilla che le avvicinerà in modo tale da stringere una vera amicizia.
Ma molti segreti  si nascondono nel mondo di Lizzie, segreti cui la donna dovrà elaborare e tentare di venirne a capo. Segreti sopiti per anni, dolorosi che gettano la sua vita e quella della sorella Sarah nello scompiglio. 
Dunque, la narrazione storica mi è piaciuta molto, il ripercorrere gli orribili anni del secondo conflitto mondialeè pienamente immerso nell’epoca, fino a renderti partecipe degli eventi che travolgono la vita della piccola Rose e di tutti i bambini perseguitati da quell’abominio chiamato nazismo. 
Al contrario, quando il racconto si sposta nel nostro presente,non ha la stessa incisività, a volte risulta lento e la protagonista, Lizzie, mi è arrivata poco. Mi è piaciuto invece il personaggio di Rose, forse perché ritrovarsi una bambina nel bel mezzo di un conflitto mondiale, fa sì che la si guardi con rispetto e un occhio diverso. La sofferenza forgia gli animi, li plasma e li rende forti, oppure li uccide. Questo non è successo a Rose. 
È un romanzo che si legge piacevolmente, la scrittura è fluida, semplice, non ridondante, le descrizioni sono minuziose e ben distribuite in tutto il libro. Personaggi caratterizzati alcuni, ma altri lasciati un po’ ai margini,però il finale di sicuro aggiusta ciò che è mancato in precedenza.
A presto! 




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