21 aprile 2016

Recensione: Gli uomini preferiscono le dee di Celeste Giampietro



Carla Russo è un’archeologa precaria con la passione per il rock. Ha una madre invadente che sogna di vederla sposata, una sorella maniaca dell’aspetto fisico e un fidanzato professore che la fa disperare. Ma non c’è problema! Ognuno ha un angelo custode, e se sei un’archeologa il tuo arriva direttamente dall’Olimpo. Nei suoi scavi infatti Carla rinviene una cintura magica, appartenuta alla dea Venere, che rende irresistibile chi la possiede.
La sua tranquilla esistenza ne è subito sconvolta: diventa più attraente, comincia a nutrire un’insana ossessione per il miele e i bagni nel latte e, soprattutto, gli uomini non le tolgono gli occhi di dosso. Perché dunque non approfittarne e vendicarsi del fidanzato? Ma si sa: mai scherzare con gli dei, perché potrebbero arrabbiarsi!
“Gli uomini preferiscono le dee” è una magica commedia di equivoci spiritosa e sorprendente, ambientata in una romantica Matera in fermento per la nomina a capitale europea della cultura.



Confesso di aver letto, a scopo di recensione, questo romanzo breve con una certa curiosità e quasi con apprensione, perché pubblicato nella sezione “Youfeel” della Rizzoli, una delle case editrici cui ambiscono gli scrittori esordienti come il sottoscritto, benché la collana non sia proprio confacente al mio genere.
In essa vengono pubblicate opere romance in formato ristretto, per cui l'autrice ha dovuto “strozzare” il proprio lavoro all'interno di un numero di battute prestabilito, un esercizio che non sempre produce buoni risultati.
Questo romanzo sembra invece non risentire della cura dimagrante cui è stato sottoposto, forse perché lo stile di Celeste Collins ben si adatta a questo genere di pubblicazioni, presentandosi frizzante e sbarazzino fin dalle prime righe:

Accarezzo la fascia con la punta delle dita, mentre il cuore accelera i battiti.
Mai e poi mai, nella mia breve carriera di archeologa, avrei immaginato di trovarmi a tu per tu con un oggetto tanto prezioso.
A guardare bene, mi pare di capire che si tratti di una cinta con tanto di ganci alle estremità, appartenuta a qualcuna con un vitino di vespa pazzesco, molto prima che le merendine al cioccolato fossero inventate. Prima di rendermi conto di ciò che sto facendo, sbottono il camice e me la avvolgo intorno alla vita.

La storia ha un taglio ironico e surreale. All'inizio l'autrice mette in scena l'incubo peggiore che aleggia nella mente di ogni donna, perché la protagonista femminile, una giovane archeologa precaria che vive e lavora a Matera, si trova alle prese con una storia d'amore in crisi e il fidanzato, in trasferta a Londra per lavoro, non le ha più dato notizie. Lei non riesce ad avere risposte e spiegazioni finché non scopre, incredula, che ha fatto ritorno in città senza dirle nulla, mostrandosi a più riprese in atteggiamenti intimi con una tiratissima bionda, da sempre sua acerrima rivale fin dai tempi della scuola.
Carla, questo è il nome della protagonista, oltre a ciò deve anche misurarsi con una madre e una sorella dal tipico carattere strafottente e superficiale. Entrambe non fanno altro che pensare a se stesse rinfacciandole i difetti e punzecchiandola sulle sue sfortune amorose. È una sorta di Cenerentola, insomma.
Quando una fortuita scoperta archeologica trasforma la malasorte di Carla in una specie di “dono di Venere”, come per magia la ragazza viene proiettata in una realtà fatta di attenzioni e corteggiamenti smodati, tanto da farle assaporare la vita e le sensazioni di una dea del mondo classico.
All'improvviso si trova a vivere una realtà da sogno, circondata da personaggi che sembrano recitare il copione di una commedia teatrale, con tutti quanti gli attori impegnati a fare da sfondo al mutare della situazione.
Carla però non abbandona la propria semplicità, vivendo quell'incantesimo con la semplicità e il disincanto di sempre. È un personaggio genuino, molto sagace e dotato di una forte dose di autoironia, una qualità che, a dispetto del tocco di magia ricevuto, la rende molto umana e simpatica:

«...Come mai vi siete lasciati?» chiedo con finta indifferenza, infilandomi in bocca una coda di gambero che rimane disgraziatamente sospesa in gola.
«Non era quella giusta.» Sorride sollevando un angolo delle labbra, non immaginando quanto sia oltraggiosamente sexy. O magari lo immagina, e in questo caso si salvi chi può.
«Quali requisiti dovrebbe avere quella giusta?» lo imbecco, mentre provo a inghiottire il gamberetto una volta per tutte, incurante delle lacrime che iniziano a colarmi sulle guance.
La giapponese spunta dal nulla, brandendo una bottiglia. «Sake?» trilla.
«So cosa?» chiedo acida, urtata dall'interruzione.
Michele mi fissa sconcertato.
«Sake!» ripete la ragazza, e versa del liquido biancastro in una coppetta.
Perdiana! Che figuraccia. È ovvio che si riferisce alla bevanda tipica del Sol Levante.
Mi tampono con il tovagliolo il viso in fiamme. Sono a cena con un frequentatore del jet set internazionale e, invece di mostragli che sono una donna di mondo, eccomi qui, più sprovveduta di una sartina di periferia...

Anche i personaggi sono spesso portati all'estremo dei loro difetti e, come ben si addice a un lavoro pieno di verve, sono vivi e coerenti con il contesto che li circonda.
Lo stile brioso e ironico di Celeste Collins si adatta alla perfezione con la scioltezza della storia, offrendo l'occasione per godere di una lettura serena e spensierata, ma consiglierei questo breve romanzo alle lettrici che cercano e apprezzano le storie leggere e vagamente surreali, mentre chi predilige le passioni a tinte forti e le storie d'amore che strapazzano i cuori e i sensi è meglio si rivolga ad altri lavori.
A me è piaciuto





1 commento:

  1. Grazie della bellissima recensione. Sono davvero felice che ti sia piaciuto il romanzo. Un caro saluto a tutti voi e ai lettori di questo meraviglioso blog!

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