Prezzo: 1,99 Euro
Genere: Paranormal Romance
Pagine: 408
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Trama:
“Preferivo la mia vita egoista e priva di
emotività. Ero Dioniso, in fondo, e lo ero da tempo immemorabile. Perciò…
vaffanculo. Non si poteva scegliere chi essere e non facevo eccezione. C’erano
delle cose, c’erano sempre state, che nulla potevano contro i cambiamenti,
nonostante il tempo. Tante cose, e io in particolare, incancellabili e
immutabili nella loro essenza”.
Età contemporanea.
Milano. Le antiche divinità greche si mescolano agli esseri umani, ormai
abituate al loro stile di vita. Dioniso, il dio dell’ebbrezza e
dell’irrazionalità, è circondato dal caos della grande città. Per vivere si
prostituisce: il sesso a pagamento è la sua arte. Ha imparato a utilizzare
l’unica arma che ha, la seduzione, in un’epoca dove la fisicità ha preso il
sopravvento. Ne approfitta per placare la sua fame perversa e continua a vivere
un’esistenza in solitudine. Mara, è una studentessa universitaria appassionata
di antichità greca e perdutamente innamorata dell’immagine del dio Dioniso,
così misterioso… occulto. Lo sogna, lo vive in segreto, immagina notti di
passione. E lo ama. Un’ossessione mai rivelata, anormale, che la porta allo
sfinimento. Lo scontro tra i due avviene per volere del destino e per desiderio
dello stesso fato Mara sarà destinata a salvare un dio dalla natura primordiale
e ribelle, che però vive in sé un profondo tormento. Perché senza amore anche
il dio del sesso non può esistere.
Un romanzo intenso che
vi farà scoprire la forza dell’amore, il suo significato più profondo, anche
contro la natura stessa del proprio essere. Non si può sfuggire al potere del
fato.
Leggi l'estratto
Mi infilai la sigaretta tra le labbra
aspirando una boccata di fumo che guardai uscire fuori dalla finestra
spalancata sulla strada trafficata. Un sorriso acido mi increspò la bocca
socchiusa e tornai ad accostare il filtro sul labbro, osservando distratto
l’asfalto sotto i miei occhi. Le persone affollavano la via in un andirivieni
di giubbotti colorati nel freddo invernale di gennaio.
«Vaffanculo» sbottai nel sentire la cenere
cadere rapida sulla pelle della mano.
Spensi il mozzicone nel portacenere
temporaneamente appoggiato sul davanzale e mi lasciai scivolare all’interno
della stanza: sparii nell’ombra dell’appartamento. Avevo sempre prediletto
l’oscurità fitta al chiarore da che ne avevo memoria, ma, questa volta, la
curiosità di mescolarmi al branco di pecore che pascolavano sulla via
sottostante mi convinse a spostarmi dalla postazione privilegiata. Mi accostai
alla porta e sbirciai all’esterno prima di uscire nel corridoio e affrontare la
rampa di scale: nessun condomino in vista.
Ancora scalzo e annoiato richiusi l’uscio
alle mie spalle. Indossavo un paio di pantaloni grigi di una tuta comprata nel
negozio di “alta moda” cinese dietro l’angolo, ma nient’altro. Volevo evitare
di incrociare qualcuno che mi avrebbe lanciato di continuo occhiate sprezzanti
per l’evidente mancanza di una maglietta a coprirmi il torace e di scarpe ai
piedi. Dei giudizi di gentaglia comune ne avevo a sufficienza e preferivo
ignorarli. Scesi al piano terra con aria svogliata. La mano non tardò ad
afferrare la maniglia del portone d’ingresso, abbassandola per guadagnare
l’uscita desiderata.
«Salve». Mi raggiunse la triste vocetta del
portiere. Porca puttana.
Non mi voltai a salutarlo, pregustando già il
sole freddo che mi aspettava fuori di lì; la ventata d’aria gelida appena
entrata riuscì a farmi accapponare la pelle. Il mio unico desiderio era farmi
accarezzare dal gelo invernale di Milano per dimenticare la noia e calarmi
nella follia pungente della stagione; godere così delle sensazioni inebrianti
che mi ricordavano altri tipi di piaceri.
«Ragazzo, fa freddo» mi fece notare il
vecchio sopraggiunto a disturbarmi.
“Cazzo, un genio”, pensai con ironia.
Lo ignorai. Tra gli sguardi attoniti dei
passanti mi bloccai sul marciapiede e respirai ossigeno denso di smog e
ghiaccio. Una morsa di piacere mi raggiunse lo stomaco che si accartocciò su se
stesso sferzato dal vento rigido. Non mi curai degli aghi che sembravano
pungermi le parti scoperte e continuai a concentrarmi sulle emozioni che il
freddo mi dava. Sempre meglio della monotonia a cui ero abituato.
Il suono del cellulare mi riportò indietro,
all’asfalto calpestato da una fiumana che si rifiutava di incrociare i miei
occhi per paura di prestarmi un’eccessiva attenzione. Lo presi dalla tasca e me
lo portai sotto il naso per leggere il messaggio che lampeggiava sul display.
C’era altro lavoro da sbrigare quella notte.
Mi stiracchiai come un gatto ancora assonnato
e sentii sulle spalle lo sguardo insistente del portiere che mi aveva seguito.
«Non hai un maglione da metterti addosso?» si
informò quello, imperterrito nel voler capire il motivo per cui un giovane come
me desiderasse suicidarsi uscendo seminudo quando la temperatura raggiungeva a
malapena lo zero.
Ero divertito dalla sua dimostrazione
gratuita di premura, perciò ignorai il fastidio della sua inutile presenza. Era
inevitabile che certe persone avessero voglia di non farsi gli affari propri;
inevitabile anche che io li detestassi. La noia, però, non era diminuita.
Finsi di non sentirlo e lo superai prima che
potesse venirgli in mente di chiamare il numero d’emergenza e farmi venire a
prendere da un’ambulanza. Con passo noncurante salii al primo piano e mi
richiusi nell’appartamento. Non gli avevo risposto, ma non pensavo di doverlo
fare.
“Andiamo” riflettei “è solo un modo per
spezzare la sventura della sua vita, non te la prendere se è un vecchiaccio
rincoglionito”.
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Ciao Malia, questo romanzo è un erotico????? a chi ti sei ispirata o comunque come è nata l'idea di questo romanzo????
RispondiEliminaBarbara! Non ci conosciamo per niente io e te. Ahahah. Il romanzo non posso definirlo un erotico, anche se ha scene di sesso esplicite. Mi sono ispirata a una villa che esiste davvero a Milano, ma stento ancora a capire come si chiama perché è una villa privata, l'idea è nata da lì. Ma, tu e Amazon, poi, avete risolto? :P
RispondiElimina