Autore:Manuel Sgarella
Titolo:I tuoi occhi sono qui
Marchio:Self Publishing
Anno:2015
Data: 3 dicembre
Giò non ha più un volto. Non incontra più nessuno, non vuole
essere giudicata per quello che è diventata, per il mostro che è di fronte agli
occhi di tutti.
Dave è un’oculista che ha perso la voglia di andare avanti, di
cercare la felicità.
Non si conoscono e l’unica motivazione che li tiene ancorati
alla vita sono i loro figli. Solo dalla loro spontaneità nasce il primo
incontro tra i loro genitori: “Le persone ferite si curano meglio a vicenda”.
Tutti portiamo delle maschere, tutti abbiamo dei segreti che ci
hanno reso quello che siamo. Tutti abbiamo la pelle diventata più dura, pronta
a subire altre ferite. Solo pochissime volte si incontra la persona capace di
vedere oltre la maschera, oltre il segreto, oltre la dura scorza cresciuta nel
tempo.
Estratto:
PROLOGO
1 - Giò
Era nuda, in mezzo
alla stanza d’albergo. Indossava solo la sua maschera bianca. Non le importava
essere riconosciuta. Non era quello il motivo. Voleva solo essere normale,
sentirsi come chiunque altro. Anche se sapeva che sarebbe stato impossibile.
Si guardò allo
specchio. Corpo atletico, pancia piatta, gambe lunghe e lisce, seno sodo e non
troppo grande, ma abbastanza da essere massaggiato con energia dalle mani di un
uomo.
La porta della
stanza si chiuse.
Lei non si voltò.
Erano appena entrati
due uomini. Uno dalla pelle bianca e uno dalla pelle nera. Li vide riflessi
nello specchio. Indossavano anche loro la stessa maschera bianca che lasciava
intravedere solo gli occhi. Un volto senza espressione, con un naso appuntito e
le labbra leporine. Era legata intorno alla testa grazie a un elastico speciale
che si apriva in due avvolgendo la nuca sia sopra che sotto. Non c’era nessun
rischio di perdere quella maschera, qualsiasi cosa avessero fatto in quella
stanza.
Giò non avrebbe mai
rischiato di vedere il ribrezzo, il disgusto, lo schifo, colmare gli occhi dei
due uomini.
Quello dalla pelle
nera si mise dietro di lei. Le appoggiò le mani sui fianchi. Lei lo osservò
nello specchio. Due maschere bianche che si stavano scrutando. Senza alcuna
espressione.
Era già eccitato,
Giò lo sentiva sulle proprie natiche.
L’altro, quello
dalla pelle bianca, accese lo smartphone e lo posizionò sul comodino, facendo
partire della musica. Come aveva richiesto Giò, cominciò Rehab di Amy
Winehouse. Ritmo costante, quasi lento, ma dirompente.
Poi lui si posizionò
di fianco a lei.
Una volta era quel
tipo di uomini che la cercavano, in ogni situazione. E lei aveva solo l’arduo
compito di respingerli oppure scegliere se soddisfarli. Non aveva bisogno di
mettere cinquecento euro sul comodino, come aveva fatto poco prima del loro
ingresso.
L’uomo di fianco non
era eccitato.
Bastò toccarlo,
senza fare alcun movimento. Lo sentì subito crescere. Era uno dei momenti che
apprezzava di più.
Il potere.
Erano entrambi nelle
sue mani.
Al di là dei soldi,
sapeva di essere desiderabile. Loro non conoscevano la sua storia. Lei non
conosceva la loro. Tanto doveva bastare a tutti. Erano pronti e lo era anche
lei.
L’uomo dalla pelle
bianca le prese il viso, le toccò la maschera. Lei gli afferrò la mano e scosse
la testa. Con l’altra iniziò a massaggiarlo velocemente, troppo veloce, per
distrarlo.
Non doveva
guardarla.
Lo spinse verso il
letto. Lui si sedette.
Giò gli fece cenno
di sdraiarsi e gli coprì il volto con una parte del lenzuolo. Non doveva
guardarla mentre gli procurava piacere. Anche se aveva la maschera.
Continuò a
massaggiarlo mentre si chinava su di lui, tenendogli una mano sul petto segnato
dai muscoli.
L’uomo dalla pelle
nera era sempre rimasto dietro di lei, perdendola solo quando aveva spinto il
bianco sul letto. Ora che era piegata, intenta a dare piacere con le mani
all’uomo sotto di lei, lo sentì appoggiarle ancora le mani sui fianchi. E
stringerla.
Sapeva già cosa
fare: entrò dentro di lei.
Con troppa
attenzione.
Troppa delicatezza.
Non se la meritava.
Con la mano più
libera gli toccò un fianco per dargli il ritmo, cercando anche lei di muoversi
per sentirlo completamente. Colpi secchi, decisi, veloci.
Eppure non sentiva
nulla.
Ma le andava bene
così.
Loro non la
vedevano, usavano solo il suo corpo. Come avevano sempre fatto tutti. Bastava
una maschera per nascondere quello che era veramente.
Quello che era stata
costretta a diventare.
2 - Dave
Nola, perché mi
perseguiti? Rivoglio la mia vita, rivoglio te!
C’è qui di fianco
a me un’altra donna di cui non ricordo il nome. L’ennesimo letto in cui sono
entrato da quando tu hai deciso di abbandonarmi.
Lo so, non è
stata una tua decisione. È stata colpa mia. E sono incazzato. Ho tirato fuori
anche questo taccuino, sperando di ritrovarti. Ma è stato tutto inutile.
Mi basterebbe che
tornassi a parlarmi, a sorridere e guardarmi come avevi sempre fatto, ancora
prima che ognuno di noi imparasse la lingua dell’altro.
È stata colpa
mia. Non ti ho ascoltata.
Non posso tornare
indietro. E nemmeno tu.
Ora mi ritrovo
solo con questo taccuino, una manciata di ricordi che si assottigliano sempre
più col passare del tempo, lasciando una intensità che mi devasta il cuore e
l’anima. Come un deserto di emozioni tutte uguali, che non distinguono più
nemmeno il giorno dalla notte.
Credo che
smetterò di cercare.
Di finire in
altre fredde braccia.
È inutile.
Forse, con il
passare degli anni, non abbiamo più alcun diritto verso il futuro: se ce lo
facciamo scappare di mano, basta, abbiamo perso, abbiamo avuto la nostra
occasione. Una sorta di ruota della fortuna: “Caro concorrente, hai esaurito i
giri, se vuoi indovina la frase, altrimenti è stato bello conoscerti, ma non ce
ne frega un cazzo di te e della tua vita”.
Lo so, non sei
abituata a sentirmi parlare così. Ma è finito il tempo dei sogni, il tempo
delle speranze, il tempo della tua voce e dei tuoi sguardi che mi riportavano
sulla difficile e inibita via che nasce dall’unione della ragione e dei
sentimenti. Una strada che possono percorrere solo due persone che si uniscono
come abbiamo fatto noi.
Tu sei in
silenzio ora. Mi hai abbandonato a un destino che non ho chiesto.
Io vago. Non ti
cerco. Non vivo nel passato. Ma mi manchi.
Dio se mi manchi.
Vaffanculo.
Ti odio.
Mi manchi.
Vaffanculo.
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