È l'estate del 1955 e tre ragazze arrivano a New York da tre angoli diversi d'America per seguire le proprie aspirazioni. Laura si prepara al suo nuovo lavoro nella redazione della rivista Mademoiselle, sapendo che se la moda si può comprare, lo stile invece no; Dolly arriva dalla provincia e ha lasciato la famiglia bigotta per diventare qualcosa di più che una moglie, anche se non sa ancora cosa; e Vivian, dai capelli rosso fuoco, per ora si mantiene vendendo sigari in un locale, e intanto insegue il sogno di cantare a Broadway. E per una ragazza di provincia decisa a cambiare la propria vita nella città che non dorme mai, c'è un solo posto dove stare: il famoso Barbizon Hotel, alloggio per sole ragazze dove sono cominciate le storie di tante altre come loro, che ora tutto il mondo conosce. Una per tutte, Grace Kelly - chissà, magari le ragazze la incontreranno durante quest'estate di sogni folli, nuove amicizie, nuovi amori... O forse no. Quel che è certo è che a New York troveranno molto, molto altro.
Con le stesse atmosfere di intramontabili classici newyorchesi come Colazione da Tiffany, con una perfetta ricostruzione storica degli anni Cinquanta, una romanticissima storia con tre irresistibili protagoniste, che vi ricorderanno come il sapore dei sogni sia quello più dolce di tutti.
Avete
mai visto “Come sposare un milionario”, il film del 1953 in cui tre
indossatrici sono alla ricerca del buon partito a New York e una miope e goffa
Marilyn Monroe finisce per accasarsi con un tizio occhialuto nei guai con il
fisco?
Sospetto
che l’abbia visto anche Michael Callahan, che nel romanzo d’esordio “Cercando
Grace Kelly” mette in scena le avventure di tre ragazze nella Grande Mela degli
anni Cinquanta. Tutte alloggiano al “Barbizon Hotel for Women”, una residenza
per sole donne costruita nel 1926 a Manhattan sulla 63esima nell’Upper East
Side e nelle cui stanze sono vissute dive come Joan Crawford, Liza Minnelli e
l’indimenticabile Grace, menzionata nel titolo.
Sulle
orme dell’attrice,fresca vincitrice dell’Oscarper “La ragazza di campagna” e non
ancora principessa di Monaco, Laura Dixon arriva dal Connecticut a New York per
lavorare come redattrice temporanea della rivista di moda “Mademoiselle”. Laura
è giovane, ricca e sogna una realtà diversa da quella provinciale e soffocante
che la famiglia e la severa madre, detta Marmy (probabilmente un gioco di
parole tra mammy: mamma esmarmy: ipocrita) vorrebbero imporle.
Giunta al Barbizon, stringe amicizia con Dolly Hickey, una giovane dattilografa
di Utica che colleziona delusioni d’amore e chili di troppo e con la femme
fatale Vivian Windsor, un’inglese sbarcata oltreoceano con il sognonel cassetto
dicantare a Broadway. Tutte troveranno a New York una ragione per restare, ma
le loro aspettative saranno presto sconvolte, mentre il destino riserverà a una
di loro un’amara sorpresa.
La
tecnica narrativa di Michael Callahan è da manuale: non è facile scrivere un
romanzo a tre voci impedendo che un lettore salti pagine e pagine per seguire
l’eroina preferita e arrivare alla conclusionedelle sue vicende. Confesso che a
me è capitato qualche volta di averne la tentazione, soprattutto all’inizio, quando
l’incipit della presunta commedia che credevo di avere tra le mani mi ha
colpito per l’inaspettata tragicità. Ecco perché voglio sottolineare che non è
un testo dai toni leggeri, ma drammatici, sebbene stemperati dalla frivolezza
delle descrizioni di locali alla moda, abiti eleganti e rituali sociali, come
quello del tè consumato nella discrezione delle sale comuni del Barbizon.
L’autore è bravissimo nel seminare un indizio qui e uno lì, dipanando i fili di
un racconto scritto in terza persona in uno stile accattivante, in cui le vite
delle protagoniste scorrono parallele al principio, s’intrecciano a metà e si
fondono nella parte finale. La sua abilità deriva probabilmente dall’esperienza
come redattore della rivistaVanity Fair, per la quale nel 2010 ha pubblicato un
articolo di approfondimento sullo stesso Barbizon, trasformato al giorno d’oggi
in condominio di lusso per la Manhattan che conta con il nome di Barbizon 63 e che, per sua stessa
ammissione, gli ha dato l’ispirazione per il romanzo. Aggiungerei che anche la
serie televisiva “Mad Men” e le sue elegantiatmosfere che a tratti scivolano
nel noir hanno contribuitoa ispirarlo nella vibrante ricostruzione della New
York narrata e forse anche “Lucia Lucia”, il romanzo best seller di Adriana
Trigiani, inspiegabilmente mai tradotto in Italia, su un’italoamericana assunta
come stilista in un grande magazzino newyorkese degli anni Cinquanta.Alla fine
la Grande Mela di sessanta anni fa descritta daCallahan ci sta tutta edè perfetta
come principale attrattiva e quarta protagonista della storia, con i taxi
gialli e le vetrine scintillanti sulla Quinta Strada, le colazioni servite nei
bar alla moda dai camerieri in guanti bianchi, i mazzi di rose offerti
all’inizio del corteggiamento, la costante ricerca femminile della perfezione.
Sfondo
dell’intera vicenda è la pressione sociale a cui sono sottoposte le donne in
una società maschilista, che nasconde dietro l’ostinata difesa delle
consuetudini del passato la paura di una rivoluzione dei costumi sessualiattuata
soltanto alla fine degli anni Sessanta. Le tre ragazze hanno poco in comune, se
non la voglia di scoprire se stesse e di incontrare l’uomo che trasformerà le
loro vite sottraendole alla temutissima prospettiva di rimanere zitelle.Laura è
il personaggio più riuscito, una Grace Kelly bruna che sente bruciare sotto la
cenere delle convenzioni l’aspirazione di diventare scrittrice. Incontra l’uomo
perfetto, l’affascinante Box, erede dei grandi magazzini Barnes& Foster, ma
è attratta dall’intellettuale barista Pete, che la porta ad Atlantic City e le
dà una magistrale lezione di scrittura che qualsiasi aspirante narratore
troverebbe utile e che da sola vale la lettura del libro.
Dolly suscita
simpatia per le sue frequenti abbuffate nervose, abitudine condivisa da
Callahan come lui stesso ha candidamente dichiarato in un’intervista, e
l’incapacità di tenersi un fidanzato, fino a quando incontra lo sfuggente Jack
che non nasconde una moglie, come lei sospetta, ma un segreto altrettanto
terribile. Meno memorabile è la caratterizzazione di Vivian, la rossa tutta
fuoco che nasconde le sue fragilità dietro una chioma ondulata alla Veronica
Lake e l’umorismo caustico, un personaggio in bilico tra la spregiudicatezza di
una Bond girl e la bontà di Pollicina e che risulta nevrotica e quasi
borderline nella decisione di fuggire ad ogni costo dal poco raccomandabile
Nicola Accardi. La sua vicenda, che apre e chiude il romanzo, lo trasforma in
una ring composition, ma, a mio
parere, la struttura circolare degli eventi più che interessare il lettore, compromette
la suspense della narrazione.
Perché,
dunque, leggerlo? Prima di tutto perché è piacevole tuffarsi nel glamour della
New York di Diana Vreeland e Truman Capote, con la certezza che, poichéEndemol
ha acquistato i diritti per trasporre la storia sul grande schermo, è un’opera
di cui prima o poi si riparlerà.
Un’ultima
raccomandazione: quando siete arrivati all’ultima pagina e avete sognato,
gioito e pianto con le protagoniste, correte a guardare una puntata di “Sex and
the city” e brindate alle conquiste che le donne hanno fatto negli ultimi
decenni sulla via della libertà e dell’emancipazione.
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